16 marzo 2023
Inserito da: Redazione R&CA
Tensioni sul mercato finanziario
Dopo più di 25 anni di calo della velocità di M2, le teorie monetarie sull'inflazione sembrano venute meno nel loro indirizzo, soprattutto nella convinzione che l'espansione del bilancio della banca centrale non provochi alcuna differenza sull’andamento dei prezzi. Dal 2021, trimestre dopo trimestre, l’M2 è salita oltre il 25% raggiungendo quasi 3,5 volte la media annua dal 1960, un risultato causato dalle dinamiche comportamentali dopo le riaperture postCOVID e la domanda repressa dei consumatori. Il lavoro delle banche centrali dovrebbe quindi essere concentrato sul riportare il dato nella media. Se quindi questo effetto liquidità ha aiutato a sostenere i consumi e l’effetto ricchezza in una condizione basata su un mercato con condizioni finanziarie accomodanti, il recente balzo dei tassi di interesse ha inasprito condizioni finanziarie e liquidità sebbene non in modo peggiore di quanto non fosse nel dicembre scorso. Nel raffronto rispetto ad un precedente periodo storico ed oggi, gli analisti si sono confrontati con varie opizioni; alcuni vedono ovvio quello degli anni '70, dato lo shock energetico e l'alta inflazione; altri hanno indicato la fine degli anni '90 e l'inizio degli anni 2000, con lo scoppio della bolla delle dot com e valutazioni del settore tecnologico alle stelle. Ma anche una similitudine agli anni '60, la cui spinta fiscale improntata alla crescita economica in uno scenario a bassa disoccupazione, ha poi portato l'inflazione fuori controllo.
Banche: scenario diverso dal precedente
Oggi ci ritroviamo a vivere un’esperienza di ritrovata volatilità; molto è stato scritto per il fallimento di Silicon Valley Bank (SVB) e altre banche regionali rispetto al contesto GCF - Grande Crisi Finanziaria del 2008. Le differenze tra il modello di business molto specializzato di SVB (simile a Silvergate per le crypto) e il collegamento tra depositanti, investitori e portafoglio di prestiti rispetto alla qualità delle banche ad alta capitalizzazione vede una gestione del rischio molto più strutturata. I grandi istituti bancari americani dispongono di asset di massima qualità, una base di depositi diversificata, bassa esposizione alle start-up o aziende ad alta crescita poco patrimonializzate, e livelli di capitale elevati con ampi margini. Riguardo alla possibilità che ‘eventi distorsivi’ possano influenzare la prossima mossa della Federal Reserve (Fed) la ragione sembra più legata al verificarsi di problemi di stress di finanziamento sollecitati oltre il previsto. Le aspettative rimangono per un aumento di 25 bps a marzo in attesa di capire i veri effetti dell’agitazione concentrica delle banche sul calo dei prezzi del mercato obbligazionario e del loro impatto sui bilanci societari: la Fed potrebbe quindi mettere in atto una pausa sui tassi per procedere ad una verifica dei bilanci delle banche non sistemiche e all’introduzione di regole più rigide anche per loro.
BCE al 3,5%
Al di là delle attese sulla Fed statunitense, in Europa se qualcuno aveva pensato ad una rettifica del trend di politica monetaria della banca centrale è rimasto deluso. L’intervento a sostegno di Credit Suisse da parte della banca centrale elvetica ha spazzato via ogni dubbio, anche perché l’istituto svizzero era da tempo attenzionato e nonostante l’aumento di capitale aveva dimostrato una caduta di fiducia tale da metterlo alle corde. Nella zona Euro si è quindi prodotto quanto già anticipato dalla BCE nell’ultima riunione: aumento di 50 bps che ha portato i tassi di deposito al 3%, il tasso di finanziamento principale al 3,5%, e il marginal lending facility al 3.75%, il tutto dal 22 marzo prossimo. Nella conferenza stampa la presidente BCE Christine Lagarde ha sottolineato la solidità delle banche dell’Eurozona e la buona capacità di trasmissione del credito, nonostante il progressivo aumento dei tassi ufficiali. La vera sfida rimane portare l’inflazione all’interno del target del 2%, anche se i tempi non sembrano brevi. Lo staff economico ha anche rivisto le previsioni: nel 2023 viene previsto un leggero aumento della crescita economica all’1% (precedente +0,5%) ed un leggero calo dell’inflazione al 5,3% (prec. 6,3%). Nel panorama finanziario gli strategist rimagono convinti che il portafoglio bilanciato tra azioni di alta qualità e obbligazioni a media duration rimanga una buona soluzione, anche se la volatilità del mercato sta facendo pressione con un aumento dell’avversione al rischio.
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