23 marzo 2023
Inserito da: Redazione R&CA
Volatilità e Restrizione del Credito
Lagarde, nelle sue dichiarazioni dopo l’aumento dei tassi ufficiali di 50 bps, osservava che le previsioni dell’ufficio studi BCE vedono un'inflazione che ‘rimarrà troppo alta per troppo tempo’, questo almeno sulla base delle revisioni macro che prevedono un'inflazione headline al 2,9% nel 2024 e al 2,1% nel 2025. Quindi l’atteggiamento restrittivo della BCE si mantiene in linea con il rientro dei prezzi attraverso ulteriori aumenti dei tassi, di cui non sono stati indicati dettagli. In realtà dalle dichiarazioni della presidente BCE Christine Lagarde non è chiaro quanto ancora i tassi dovrebbero crescere per configurare le previsioni di inflazione, dato che i prezzi dell’energia sono ampiamente rientrati e non si registrano al momento tensioni sui salari, mentre ci sono preoccupazioni sul sistema bancario, non solo per il fallimento di due banche americane e il salvataggio di Credit Suisse, ma riguardo ad un troppo rapido restringimento dei parametri di finanziamento se non del forte calo del valore dei titoli sovrani in pancia agli istituti di credito.
Salvataggi e revisioni
Se quindi Lagarde è stata chiara nel sottolineare che lo scenario di riferimento non include le recenti tensioni sui mercati finanziari, e le implicazioni del mercato obbligazionario dopo il write-off dei Bond AT1 di Credit Suisse per agevolarne l’acquisto da parte di UBS, l’incertezza intorno alle stime dello scenario di base presentato dall’autorità centrale potrebbe non trovare effettività non solo sull'inflazione, ma soprattutto riguardo alla crescita economica quale fattore chiave nel sostenere i rapporti di debito. La rincorsa di Lagarde alle politiche della FED statunitense di Powell, potrebbe rilevarsi un azzardo: le due economie si sono mosse in modo molto diverso negli ultimi dieci anni e sebbene i mercati delle commodity si stiano dimostrando più sostenibili sia nei prezzi che nelle consegne, gli economisti non nascondono i sintomi di una prossima recessione nelle due grandi economie sviluppate; vista la consistenza degli impegni di debito sovrano nell’area Euro potrebbero quindi ritornare le tensioni sul fronte della frammentazione.
Banche centrali e politica fiscale
Dopo le recenti tensioni è sorta sempre più chiara la domanda se il rialzo dei tassi di interesse sia effettivamente ‘un bene o un male per le banche’; risulta peraltro evidente che una crisi bancaria estesa può razionare in modo deciso credito e finanziamenti, limitando per contro lo sviluppo economico. Le parole dei banchieri centrali che hanno ribadito la sostanziale differenza tra la GCF - grande crisi finanziaria del 2008 - contagiata dal fallimento di Lehman Brothers e la situazione attuale, potrebbe non convincere fino in fondo. L’ammontare dei titoli sovrani in portafoglio vedono perdite ancora non manifestate a bilancio per effetto della possibilità di Banche e Assicurazioni di valutare i titoli a prezzo di costo e non di mercato se portati a scadenza. Una pesante recessione farebbe nuovamente temere per fallimenti e insolvenze, tema che ha preso più di dieci anni alle banche per liberare i bilanci degli NPL. Infine riguardo alla attese sui tassi di interesse diventa veramente difficile pensare a saliscendi così ristretti nei tempi, soprattutto per la ricaduta sul sistema di credito se pensiamo che già dal 2024 il mercato sconta una serie di tagli dei tassi.
Settore bancario
La logica degli investitori vorrebbe banche centrali con una maggiore chiarezza almeno sulle previsioni di medio termine in concerto con il sistema bancario per le attività di trasmissione del credito vs domanda/inflazione, e una politica fiscale che porti attenzione all’inflazione guidata dal profitto aziendale limitando speculazioni su un rialzo dei prezzi ingiustificato. Il modello di inflazione guidata dai margini di profitto (Model of Profit margin-led Inflation) trova in realtà un aumento delle aziende che approfittando della narrativa delle banche centrale di ‘rialzi continui e prolungati dell’inflazione’ praticano revisioni e cambiamenti strutturali ai prezzi di vendita sganciandosi dai costi effettivi. L'incapacità dei banchieri centrali di spiegare la filosofia degli aumenti ha accentuato l’incertezza tanto che i consumatori a basso reddito dipendono da inconsapevoli aumenti dei costi di finanziamento sui prestiti e di costi in crescita della spesa ordinaria. In questo scenario di alta volatilità il settore bancario europeo ha visto l’indice Stoxx 600 Banks (SX7P) perdere in un mese il 12,5%, pur mantenendo una performance positiva da inizio anno del +2%; la presa di profitto è stata determinata dalle preoccupazioni di contagio in attese di esiti aggiornati dei controlli della vigilanza. In realtà i dati di bilancio delle banche europee a fine anno scorso mostrano un ottimo andamento dei profitti e buona patrimonializzazione, nel rispetto dei parametri richiesti. I dati mensili di valutazione del settore STOXX® EUROPE 600 BANKS INDEX a fine febbraio mostravano valori interessanti, confermando il rialzo di inizio anno, con il P/E fwd12m a 7,8x e P/BV a 0,8.
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ECB baseline sees further hikes