30 settembre 2023
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Weekly Focus

 

In questa ultima parte del terzo trimestre si sono combinati alcuni trend che hanno messo in pausa gli indici azionari e innescato alcune prese di beneficio. La forte risalita dei rendimenti a lungo termine dei governativi si è gradualmente rafforzata tanto da portare i titoli di stato decennali statunitensi oltre il 4,5% avvicinandosi al 4,7%. Gli operatori ritengono che il messaggio della FED di ‘tassi più alti e più a lungo’ sia da riferirsi a dati economici resilienti e dinamiche tra domanda-offerta di obbligazioni che esprimono la necessità di un più alto premio per il rischio.

Shutdown Usa

Negli Stati Uniti ha sicuramente inciso il dibattito sul ‘tetto del debito’ che ha contribuito alle vendite del decennale. Alcuni delegati repubblicani alla Camera sembrano forzare la mano e sostenere la tesi per uno ‘shutdown’ delle amministrazioni federali. Se d’altro canto non si pervenisse ad un accordo si riscontrerebbe un marcato nervosismo negli operatori finanziari, che comunque, secondo le chiusure passate, non dovrebbe incidere a fondo per mercati e trend economico. Sebbene non si possa escludere un aumento del rendimento UST10y fino al 5% gli analisti ritengono che il rialzo sia già uscito dai livelli normalizzati del 4,0 - 4,5% di periodo, rispetto ai dati attesi dell’indice ISM e del mercato del lavoro della prossima settimana.

Petrolio

Non sono solo i rendimenti obbligazionari ad essere aumentati, ma anche i prezzi dei prodotti energetici, ben più alti delle previsioni. Il petrolio greggio Brent ha toccato un picco oltre 97$/barile per poi scendere in area 95$ mentre il WTI rimane sopra 90$b. La causa principale potrebbe essere il mancato aumento della fornitura deciso dell’OPEC+ che vuole addirittura ridurre la produzione a causa dei timori sull’economia in Cina. Anche la riduzione delle scorte di greggio e l’avvicinarsi della stagione invernale continuano a sostenere il prezzo del petrolio che oscillerà intorno agli attuali 90-100 dollari al barile fino ad una presa di posizione politica guidata dagli Usa. Nonostante l’economia statunitense sia in area di rallentamento, e di persistente inflazione, i produttori di ‘shale oil’ difficilmente potrebbero pompare molto più petrolio rispetto ai livelli attuali senza che i prezzi del petrolio siano ancora più alti. Solo se l’OPEC+ spingesse i prezzi del petrolio troppo in alto (120 USD/barile), lo Shale Oil statunitense risponderebbe con un aumento strutturale delle quote di mercato, il che sarebbe controproducente per l’OPEC+ nel lungo termine.

EUR/USD

Infine il mercato valutario con l’Euro che ha restituito gran parte dei guadagni accumulati nell’anno. L’EUR/USD ha raggiunto il livello 1,05 per effetto di un dollaro supportato dall’ultima riunione dei tassi della Fed e di un possibile prossimo rialzo, mentre l’Euro è stato ‘placcato’ dall’idea che la BCE abbia invece terminato il percorso di aumenti dei tassi ufficiali. In effetti, gli ultimi dati di rallentamento dell’inflazione dell’Area Euro confermano che il rialzo dei tassi da parte della BCE sia ormai alla fine. Risulta peraltro improbabile che la narrativa di un dollaro sempre più forte possa estendersi a lungo: gli analisti segnalano un possibile indebolimento dell’USD nel medio termine.

Focus della settimana

Principali dati attesi in settimana. Negli Usa: ISM Manufacturing PMI (Sep), S&P Global Composite PMI Final (Sep), ISM Services PMI (Sep), Non Farm Payrolls (Sep); in Area Euro: HCOB Manufacturing PMI Final (Sep), Unemployment Rate (Aug), HCOB Services PMI Final (Sep), Retail Sales YoY (Aug); in Giappone: BoJ Summary of Opinions, Tankan Large All Industry Capex (Q3), Tankan Large Manufacturers Index (Q3); in Cina: NBS Manufacturing PMI (Sep), Caixin Composite PMI (Sep). 


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