15 settembre 2022
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Dopo la riunione di settembre della banca centrale europea BCE si cerca di intuire quali sono gli effettivi obiettivi di rialzo verso un ‘tasso neutrale o terminale’ a cui l’autorità monetaria si sta concentrando. In un’analisi prima dell’estate il direttivo in rappresentanza dei diversi responsabili alle decisioni ha riferito di un ‘tasso neutrale’ che per voce di molti risultava compreso tra l'1% e il 2%, sebbene economisti e decisori politici rimanevano vaghi e divisi. La determinazione nel comitato di giugno per riportare al più presto i tassi di interesse della zona Euro almeno allo 0% è stata di fatto condivisa per effetto dell’inflazione, nonostante l’indecisione di poche delle 19 economie presenti nella moneta unica. Una netta lacerazione si è poi evoluta nei mesi estivi dove le due fronde tra falchi e colombe hanno subìto la pressione dai membri più influenti ed in particolare da Isabel Schnabel e Philip Lane. Infine la svolta fornita a settembre dalla presidente Christine Lagarde ha dunque visto primeggiare la parte dei ‘falchi’ a seguito della lettura dell’inflazione ‘core’ (al netto di energia e alimentari) passata dal +2,3% di gennaio a + 4,3% di agosto e un tasso di inflazione record di + 9,1% ...

9 settembre 2022
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Nella nota della banca centrale si legge che “Il Consiglio direttivo ha deciso … di aumentare di 75 punti base i tre tassi di interesse chiave della BCE. Questo importante passo anticipa la transizione dal livello prevalente altamente accomodante dei tassi ufficiali verso livelli che garantiranno il tempestivo ritorno dell'inflazione all'obiettivo di medio termine del 2% della BCE. Sulla base della sua attuale valutazione, nelle prossime riunioni il Consiglio direttivo prevede di aumentare ulteriormente i tassi di interesse per frenare la domanda e scongiurare il rischio di un persistente spostamento al rialzo delle aspettative di inflazione”. La narrativa dell’autorità monetaria centrale torna a ribadire già quanto indicato lasciando aperto ogni possibile scenario - il Consiglio direttivo riesaminerà regolarmente la traiettoria della politica monetaria alla luce delle informazioni più recenti e dell’evolvere delle prospettive di inflazione - da un lato un’economia sempre meno brillante che lascia modo agli attuali fattori trainanti dell'inflazione di svanire nel tempo e dall’altra la normalizzazione della politica monetaria che per troppo tempo è rimasta orientata dalla deflazione. Il Consiglio direttivo ha deciso di aumentare, a decorrere dal 14 settembre 2022, il tasso di interesse sulle principali operazioni di rifinanziamento, il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sulla linea di deposito rispettivamente all'1,25%, 1,50% e 0,75% ...

7 settembre 2022
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Da inizio anno i mercati finanziari hanno sofferto da una combinazione di shock geopolitici quali la guerra in Ucraina, le tensioni Usa e Cina su Taiwan, l’impennata dei tassi di inflazione, e una conseguente rigidità delle banche centrali, che ha provocato una rapida restrizione monetaria. In questo contesto sia i mercati azionari che obbligazionari hanno subìto una straordinaria pressione al ribasso accompagnata da alta volatilità. A partire da luglio, una revisione del ribasso ha premesso un recupero sulla possibilità che le banche centrali potessero rivedere i loro aumenti dei tassi a fronte di un picco dell’inflazione e dai segnali di un aumento delle probabilità recessive a dodici mesi. La progressione del recupero si è spenta durante l’incontro di fine agosto delle banche centrali, in occasione del Jackson Hole Economic Policy Symposium. Al simposio annuale di politica monetaria, la Federal Reserve (Fed) statunitense ha chiaramente confermato che inasprirà la sua politica monetaria fino a quando l'inflazione non sarà vicina all'obiettivo del 2%, rimanendo a tassi elevati per un considerevole periodo di tempo. Il presidente della Fed Jerome Powell ha parlato esplicitamente della necessità di allineare domanda e offerta, anche a discapito della crescita, senza peraltro fare riferimento a condizioni e valutazione degli asset finanziari. Gli operatori hanno reagito negativamente alle intenzioni della Fed abbassando i ritorni attesi sia su azioni che obbligazioni ...

19 maggio 2022
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Il mercato finanziario evidenzia le difficoltà del momento mettendo in chiaro da un lato le promesse restrittive di politica monetaria, a fronte del rialzo generalizzato dei prezzi al consumo e alla produzione, e dall’altro prospettive economiche più incerte. Negli Stati Uniti l'indice di fiducia elaborato dalla Fed di Philadelphia, lo storico indice manifatturiero nato nel 1968, scende a 2,6 punti dai 17,6 di aprile, nettamente sotto le stime di 16 punti; anche le richieste settimanali di disoccupazione risultano di 218mila, superiori alle 200mila attese. Sul mercato immobiliare le vendite di case in aprile confermano il quadro di incertezza anticipato dagli economisti con negoziazioni in calo per 5,61 milioni di unità rispetto a 5,75 milioni di marzo. Infine tra i più recenti indicatori, il super indice anticipatore del ciclo economico scende dello 0,3% a fronte del consensus a zero. Il processo di dati macro meno brillanti è stato incorporato da tempo dal mercato azionario che nelle sedute dell’ultimo mese ha visto un’importante contrazione negli Stati Uniti con l’indice S&P500 a – 12,53%, DJIA – 11,11% e Nasdaq Composite a – 15,35% (che da inizio anno segna ormai un – 28,7%); a livello globale l’indice MSCI World val loc perde da inizio anno il 15,62% ...

29 aprile 2022
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I dati sull’inflazione non migliorano indicando un problema prolungato per le autorità monetarie che nello scorso anno avevano tergiversato in attesa di prezzi più stabili. In realtà la situazione geopolitica peggiorata mostra valori di aumento dei prezzi al consumo che in alcuni casi sono saliti a doppia cifra se non tripla, come nel caso dell’energia elettrica, ma anche di molti altro beni. In effetti le probabilità che i prezzi componenti gli indici di inflazione al consumo possano ancora rincarare seguono il perdurare dei costi sull’acquisto di materie prime e produzione con i primi aumenti salariali. Rispettivamente a marzo, su base annua, negli Stati Uniti PPI (prezzi alla produzione) e CPI (prezzi al consumo) hanno segnato + 11,2% e + 8,5% (dato più alto dal 1981); nell’area Euro PPI + 31,4%, spinti dai costi per l’energia a + 87,2%, e CPI + 7,4%. I mercati finanziari si sono quindi irrigiditi davanti a questo contesto che vede le banche centrali, concentrate sul target inflattivo, pronte ad una stretta monetaria, imprevista fino a qualche trimestre fa. In questo scenario gli operatori sono preoccupati per un’azione monetaria, inusuale per velocità ed intensità, che potrebbe destabilizzare l’equilibrio finanziario promosso della straordinaria liquidità immessa durante il periodo pandemico e che ora le banche centrali vedono quale causa del ciclo inflattivo e motivo per essere ritirata ...

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